Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

mercoledì 17 aprile 2024

UNA MISTERIOSA MALEDIZIONE

 


Cosa sta succedendo qui da noi? Sembra che Pietramelara sia stata colpita da una misteriosa maledizione! Prima Riccardo, poi Vittorio ed infine Rosa; tre esistenze che avevano ancora tanto da dare in termini di affetto ed impegno, spezzate all’improvviso. La vita è mediamente divenuta più lunga, e definire ancora “giovane” chi ci ha lasciato non sembra assolutamente fuori posto, ed inoltre rende ancora più doloroso il distacco.
Eppure non si tratta di patologie oncologiche ad averne causato il decesso; in tal caso sarebbe stato ugualmente doloroso dare loro un addio, ma si sarebbero potute avere le solite spiegazioni e/o ipotesi, legate all’inquinamento del suolo, dell’aria, delle falde, cosa che di solito viene fatta in tali casi, oppure ancora a rischi contratti nell’attività professionale. Ma qui è diverso, qui no: perché si tratta di morti improvvise. Ed allora null’altro rimane a chi resta, e viene mutilato negli affetti familiari, che spiegare il tutto con lo stress che comunemente ci attanaglia, non concedendo un solo attimo di respiro; o, come nel caso della carissima Rosa, con il dolore che, nonostante gli anni ormai trascorsi, è sempre presente e che ti logora come una candela che bruciando si consuma. La rassegnazione, per chi è stato colpito duramente, sicuramente con il tempo giungerà, e si potrà “farsene una ragione”, come si suol dire. A noi che scriviamo (o scribacchiamo) e assistiamo, testimoni muti, a questi lutti, non rimane che rinnovare il cordoglio personale, insieme a quello dell’intera comunità, di cui ci sentiamo parte.

lunedì 1 aprile 2024

FRATI A SAN PASQUALE: 2024, FINE DI UN’ERA

 


La notizia già ventilava nell’aria da qualche settimana, purtroppo nella mattina di Pasqua c’è stata la conferma ufficiale: dopo più di quattro secoli i frati non celebreranno più in San Pasquale. Di origini tardo rinascimentali, il Convento (cfr. foto di copertina) prese dapprima la denominazione e la dedica a “San Francesco”, e così viene riportato sulla cartografia e la documentazione storica ufficiale, fino al XIX secolo. Più recente la denominazione attuale "San Pasquale”, che poi ha dato nome alla contrada circostante e alla strada che congiunge il paese al convento. Grande è il legame della comunità pietramelarese con i frati, fatto di usanze e tradizioni, sopravvissute da secoli e secoli. Tanto per citarne qualcuna la benedizione degli animali, nel giorno di S. Antonio Abate, il rito (precristiano) del “fuoco di Natale”. Va citata inoltre l’accoglienza ai pellegrini che, dapprima a piedi, e più recentemente automuniti, si recavano al convento da Sant’Elia Fiume Rapido, vicino Cassino, per la festa di San Pasquale, a cui erano devoti.   Il ricordo dei guardiani Padre Eustachio, Padre Ludovico, del serafico Padre Benigno, fino all’ultimo Padre Angelico, perito tragicamente negli anni novanta, è ancora vivo nella popolazione e nei numerosi adepti.
Terminata, con quel tragico evento, la secolare residenza dei frati in San Pasquale, la provincia francescana dispose che le funzioni religiose fossero continuate ad officiare da parte dei Frati del Convento di Sant’Antonio in Teano, chiuso anch’esso recentemente, e poi, in ultimo, da quelli del Convento di Santa Maria dei Lattani, in Roccamonfina. Chi fra i miei quattro lettori voglia approfondire può consultare sullo stesso blog scribacchiato “LA FESTA DI SAN PASQUALE” (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2014/05/la-festa-di-san-pasquale.html), “SAN PASQUALE” (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2019/12/san-pasquale_23.html).
L’annuncio del dover lasciare per sempre il nostro convento e la nostra chiesa, lo ha dato la mattina di Pasqua nel corso della Messa delle sette e mezza, il guardiano dei Lattani, Padre Adriano, che con voce emozionata, ha riferito che il Vescovo Cirulli disponeva che i frati fossero sostituiti nella celebrazione dal parroco di Sant’Agostino, e che in nome del voto di obbedienza tale disposizione fosse osservata. Lo stesso sacerdote ha sottolineato inoltre di essere estremamente dispiaciuto di non poter più celebrare per i numerosi fedeli che, come il sottoscritto blogger, frequentavano quella Messa alle sette e mezza del mattino domenicale, e che il volontariato diffuso che anima la Chiesa e quel che resta del Convento, è encomiabile, fatto che distingue ancora una volta Pietramelara dalle comunità analoghe dei paesi vicini. Il carissimo Gianni Ionata, presa la parola per ringraziarlo e salutarlo, con tono deciso ha lasciato trapelare il suo personale dissenso nei confronti delle decisioni prese dal vescovo, peraltro condiviso da ognuno dei suoi amici che, con abnegazione e sacrificio, si dedicano alla sopravvivenza della devozione a San Pasquale.
La mia personale opinione è che tale decisione è figlia dei tempi, della penuria di vocazioni, e del dover assicurare la presenza di almeno un sacerdote per comunità di fedeli: dalla più piccole, a quelle di dimensioni maggiori. Resta comunque un senso di amarezza, nel dover rinunciare a una tradizione plurisecolare che ha fuso la devozione dei pietramelaresi alla pietà dei frati, che si interrompe adesso per sempre, a causa di disposizioni (forse un po’) affrettate.  

sabato 23 marzo 2024

UNO STRUMENTO PRESTIGIOSO

 

“Uno dei punti di vanto di cui i pietramelaresi possono andar fieri è senz’altro l’organo monumentale della Chiesa di San Rocco: lo storico strumento musicale, realizzato intorno al 1911 dalla ditta Inzoli di Crema, dopo un lungo periodo di quasi abbandono, fu restaurato negli anni ’80 dalla stessa ditta”, iniziava così un breve articolo sul grande strumento, che pubblicai sul Corriere di Caserta nel settembre del 2006. Tale incipit, devo riconoscerlo, conteneva un’imprecisione, in quanto la realizzazione è di dieci anni prima, trattandosi dell’opera 254 di Pacifico Inzoli (vedi foto di copertina), organaro di Crema (CR) che progettò e realizzò il grandioso strumento musicale. Da uno scritto di Domenico Caiazza apprendo che la chiesa di San Rocco, dalla sua stessa fondazione è stata dotata di un organo a canne; quello di Inzoli fu costruito ed inaugurato nel 1901, poco dopo l’ennesimo restauro della Chiesa, dovuto a crolli parziali della volta, e dovrebbe essere il terzo, infatti il primo risale alla fondazione della chiesa nel tardo ‘500, il secondo sostituì il primo intorno al 1750.
Nell’ autunno del 1878, si verificò un ulteriore crollo della volta che non danneggiò l’organo a canne ivi esistente; da una nota inviata nel 1901 dall’allora Arciprete Angelone all’Inzoli apprendiamo che: “L’organo che di una certa importanza è grande: fu scampato in occasione della rovina della chiesa e dopo vari anni di abbandono vuolsi ora restaurare”. Giunto a Pietramelara, sembra evidente che recuperare quello strumento, sopravvissuto a crolli ed abbandono, non apparve possibile all’Inzoli, che si espresse per una realizzazione ex novo, riutilizzando del vecchio organo solo dodici canne in legno. L’Inzoli era un vero specialista nel campo, basti pensare che tra i circa 400 organi da lui ideati e costruiti, vanno ricordati quello della Cattedrale di Cremona, del Santuario di Loreto e quello di Pompei. L’attuale organo di San Rocco vanta ben 1087 canne sonore, ed è racchiuso in un’elegante cassa lignea (vedi foto n. 2).
La ditta Inzoli, ereditata dai suoi discendenti, si occupò anche del restauro dell’organo, all’indomani della riapertura della chiesa di San Rocco, dopo circa un triennio di chiusura per il terremoto del 1980. Tale lunga e meticolosa opera, che durò circa un anno, comportò lo smontaggio completo di ogni parte, disinfestazione delle stesse con stuccatura dei fori dovuti a i tarli, verniciatura protettiva, lavaggio e rimessa in forma delle canne in metallo, ricostruzione di alcuni registri eliminati in seguito ad interventi inappropriati, quali Tromba 8’, Oboe 8’ e Voce Umana 8’. Alcuni tasti furono sostituiti mantenendo la placcatura originale, i registri tutti vennero reincisi con le proprie diciture, infine le pelli dei mantici che immettevano aria nelle canne furono completamente sostituite.
La Chiesa madre di San Rocco ricca di opere, bellezza e storia, giace oggi chiusa da lungo tempo per indugi vari delle istituzioni coinvolte, tuttavia da tempo si è sviluppata la tradizione di concerti organistici in essa, alla cui importanza culturale, si somma il fatto che Pietramelara, paese di grandi risorse, ma alquanto defilato dal punto di vista geografico, viene proiettato in un circuito di eventi che tocca realtà urbane di importanza ben maggiore, tra cui si cita, ad esempio, Sorrento, con la partecipazione di concertisti provenienti da ogni angolo del mondo, che si esibiscono insieme all’organista ufficiale, professoressa Andreana Pilotti.
 

Bibliografia: D. Caiazza: “Il restauro dei dipinti di S. Rocco in Pietramelara”, origini e vicende di una chiesa e del suo patrimonio artistico, 1989, ed. Banca Popolare Nicolò Monforte

venerdì 8 marzo 2024

40 ANNI DI ACQUA CON IL CONTAGOCCE

 

Sembrano sopite le forti polemiche di qualche mese fa sulla pressione idrica ridotta (o nulla) al rubinetto di casa. Meno male! ... me ne sono tenuto a debita distanza, e adesso con il clima più sereno si possono fare delle considerazioni in merito. Nel luglio del 2005 scrivevo sul Corriere di Caserta: “si sa che durante questa stagione aumentano i prelievi a carico delle falde, ma gli apporti, al contrario, diminuiscono fino ad annullarsi. A Pietramelara, tuttavia, il quadro non dovrebbe mai manifestarsi a tinte tanto fosche: i pozzi realizzati negli anni ’80 dalla Protezione Civile, insieme al capiente serbatoio di Monte Maggiore, nonché la possibilità di attingere direttamente dall’Acquedotto della Campania Occidentale, dovrebbero - in teoria - scongiurare in modo assoluto uno stato di carenza di acque potabili. Ciononostante, da circa un mese siamo costretti ad assistere ad una riduzione generalizzata della pressione dell’acqua erogata dai rubinetti, con tutti gli altri inconvenienti connessi: mancanza d’acqua ai piani superiori degli edifici e malfunzionamento delle caldaie per la produzione di acqua calda. Molti lavoratori hanno, ad esempio, lamentato che al ritorno a casa, la sera, si ritrovano nell’impossibilità di una doccia!”. 
Visto?...Un problema sentito dalla popolazione che, a mia memoria, risale ai primi anni ’70:  allora la propaganda faziosa aveva fatto circolare la voce che erano le bufale di una certa azienda agricola, a privare i cittadini di un bene di necessità inderogabile come l’acqua; uno “sfioro”, assolutamente indispensabile nel punto più alto del percorso della condotta pantani/monticello, era al centro di quelle polemiche, l’acqua che fuoriusciva nei momenti di maggior pressione finiva in un abbeveratoio, altrimenti avrebbe dovuto ruscellare e perdersi.
Le bufale non pascolano più da anni in quel punto, ma il problema si è acuito…a chi addossare la responsabilità allora? Da allora ad oggi, si sono avvicendate almeno sei/sette amministrazioni diverse (in uno o più mandati), e lo scenario purtroppo non tende a modificarsi, e se prima si soffriva per ridotta pressione solo in estate, ahimè attualmente il disagio è diffuso nell’intero anno. Sommessamente ritengo che la continua espansione della rete idrica, che ha raggiunto ogni più remoto angolo del territorio comunale, in mancanza di un sensibile aumento della quantità di acqua immessa in rete, è semplice demagogia amministrativa! Come potrebbe lo stesso corpo idrico di quaranta anni or sono, alimentare una rete che nel frattempo serve un numero di utenze ed una superficie più che raddoppiati? Inoltre la rete è vetusta, essendo stata realizzata tra gli anni ’50 e ’60, e si rompe se la pressione viene aumentata, anche di poco.
Tale situazione di disagio, viene vissuta in modo particolarmente drammatico soprattutto nei quartieri più alti: il “Rione Svizzero” ed il Borgo sono, come al solito, i più penalizzati, insieme ai piani superiori dei condomini sorti nel frattempo.  Senza assolutamente addentrarci nel complesso e spinoso campo dei tecnicismi, allora il problema è  essenzialmente di natura politica. La politica politicante, che ha voluto affidare la gestione del servizio idrico a enti, come E.I.C.Idrico Terra di Lavoro S.p.A., non ci fa sperare nulla di buono neanche per il futuro prossimo!

venerdì 1 marzo 2024

UN RESTAURO E I SUOI PROTAGONISTI

 

Non si sa ancora, dopo più di un anno, se, come e quando riaprirà la nostra Chiesa di San Rocco, maggiore edificio di culto del nostro paese, descritta tempo fa tra le pagine di questo blog scribacchiato (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2018/02/la-chiesa-di-san-rocco.html); ritengo inutile ricercare le responsabilità di tale situazione, tra le istituzioni ecclesiastiche e/o tra quelle civili; oggi invece vi voglio parlare di come si affrontavano i problemi nel passato recente, a proposito della rimozione e restauro della croce sommitale della chiesa di San Rocco, appunto.
Un restauro resosi necessario per le ingiurie del tempo, quello operato alla croce nel ormai lontano 2006, ne parlai in un pezzo pubblicato su “Il Corriere di Caserta”, nel dicembre del 2006. Questo l’esordio dell’articolo: “La grande croce metallica che sovrasta la Chiesa di San Rocco ha dimensioni veramente notevoli, 3 metri di altezza per 2 di apertura, anche se –forse- guardandola dalla piazza non ci si fa troppo caso. Realizzata in ferro nei primi anni del XX secolo, ha una struttura con cellule illuminate da lampade elettriche. Nel corso di un recente sopralluogo, operato nello scorso autunno, l’ardito tecnico che si avventurò a varie decine di metri di altezza sul punto sommitale della facciata, poté notare che l’opera era in uno stato di deterioramento avanzato, che la ruggine l’aveva aggredita in vari punti e che nelle cellule che ospitano le lampade si erano insediati nidi di vespe ed altri insetti”.
foto n. 2
Don Roberto, allora parroco anche in quella Chiesa, non era il tipo che rimanda la soluzione dei problemi! ... si mise immediatamente al lavoro ed in breve tempo individuò due artigiani locali, Giulio Tabacchino e Salvatore Mormile, con la fattiva collaborazione di Antonio Corsaro (insieme in foto 2) e ci aveva visto giusto… costoro in un breve lasso di tempo furono in grado di poter riportare la grande croce, simbolo della nostra religione, al primitivo splendore: essa, infatti, fu rimossa dalla facciata con una potente gru (nella foto di copertina), inoltre fu ripulita, ed allo scopo, poi, di proteggerla nel tempo dalle intemperie, sottoposta a zincatura. A lavoro di restauro terminato fu possibile ammirare l’opera “da vicino”, adagiata sul basolato di piazza San Rocco, i numerosi fedeli o semplici curiosi, erano fortemente meravigliati di quanto grande fosse l’opera, che osservata dalla base dello scalone non sembra affatto tale.

venerdì 23 febbraio 2024

ALESSANDRA NASKA'



Scrivevo già così in un articolo pubblicato nel Marzo 2007 sul quotidiano “Il giornale di Caserta”, ultima mia esperienza sulla carta stampata: “Per un piccolo paese partorire un’artista in grado di giungere a calcare scene e portare a compimento opere che lasceranno il segno, è sempre motivo di grande orgoglio: parliamo di Naskà, al secolo Alessandra Merola, che proprio in questi giorni ha fatto uscire il suo primo album, “Dimmi amore”.
Scambiai con lei, allora all’inizio della carriera, due chiacchiere:” Sono felicissima di aver potuto realizzare quello che per me fino a poco tempo fa appariva come un sogno. Di tutto ciò voglio ringraziare la mia preziosissima famiglia, Violet, la pazienza e l’esperienza di Ferd Ghidelli, tutti i musicisti con cui sono cresciuta in questi anni, tutti gli amici che mi hanno s(o)upportato, persone, storie ed eventi che hanno ispirato i miei testi, le mie musiche, le mie gioie, la mia chitarra, il mio mondo…”.
Sono passati anni ed anni, la carriera di Alessandra è andata avanti con forza e determinazione, da tempo non risiede più a Pietramelara, ma la si incontra spesso, nei momenti più autentici, l’ultima volta ci salutammo al mercato, tra le bancarelle dei “panni americani”. Del nostro paese ha conservato indelebili ricordi, come la profonda amicizia che la legava a DoPa, scomparso improvvisamente e troppo presto; in un post su FB per salutare Domenico scriveva: “amico mio, non sto scrivendo a te, tu sai già tutto. Ma a quelli che come me, hanno compreso l’essenza della tua vita e del tuo sorriso. Tutti quelli che hanno percepito quel “genio affamato” e innamorato della vita, tra le montagne grandi del suo amato paese”
Vale la pena ricordare che ha scritto diverse canzoni per la sua amica Emma Marrone - da 'Adesso' a 'Schiena', e spesso ne ha aperto i concerti, con la sua inseparabile chitarra, come nella foto di copertina, rubata da Facebook.  
Le piace ricordare i momenti spensierati accanto alla famosissima cantautrice nata a Firenze, ma di origini salentine; nel frattempo Alessandra è divenuta una donna ed artista matura e sicura di se, e nel commentare le serate nei locali più cool, bevendo vodka e cocktail, dice di non rimpiangerle: “Nel frattempo ho imparato ad apprezzare le tisane e le persone che sanno attendere sorridendo anche quando c'è davvero poco da ridere”.


venerdì 16 febbraio 2024

MDOV: UN UOMO, UNA FIRMA

 

Sono trascorsi venti lunghi anni da quel tragico mercoledì 18 febbraio 2004, quando la vita di Mimmo D’Ovidio, giornalista del Corriere di Caserta, si spezzò contro un palo maledetto a Piedimonte Matese. Ho cercato sul web qualcosa che lo descrivesse: può apparire strano ma, le ultime ore della sua vita D’Ovidio le trascorse in un ristorante di Piana di Monte Verna, il Love Story, leggendo alcuni passi della Bibbia. Quella sera Mimmo era lì non solo per mangiare una pizza, ma soprattutto per lavorare. C’erano le elezioni comunali in paese e Mimmo curava la pagina Piedimonte Matese – Caiazzo. Questo è quanto riportato in un articolo pubblicato sulla pagina del Corriere CE, che porta la data del 18 febbraio 2008.
Diciamo che a Pietramelara tutti lo chiamavano con il suo nome di battesimo Domenico, e che Mimmo è stato un vezzo, una sorta di nome d’arte giornalistico; altri si rivolgevano a lui dandogli del “cavaliere”, altri ancora lo chiamavano “Rummenigge”, come il famoso calciatore tedesco, per la sua grande passione per il calcio.
Ma chi è stato per Pietramelara Domenico? Cosa sopravvive di lui? Certo che dopo un ventennio i ricordi si affievoliscono, e con il ricambio generazionale la memoria a volte si dissolve. Domenico, figlio di Matteo, proveniva da una famiglia contadina, con tutto il portato di valori che la cosa comporta: rispetto, volontà di progredire ed evolversi, umiltà, legame stretto con la famiglia; era gemello di Franco, due vere “gocce d’acqua”, come si suol dire. Ricordo e, chi ha la mia stessa età ricorda la sua ironia, la giovialità, il suo saper mettere a proprio agio coloro che intervistava, e il suo modo di fare stampa, sempre corretto. Studiò da Perito Agrario e conseguì il suo diploma, ma non esercitò mai quella professione. Una grande passione per lo sport, specie per il calcio. Cominciò a farsi strada nel giornalismo locale, con qualche apparizione anche in video per le emittenti del territorio, fino a divenire una delle firme più seguite da coloro, come il sottoscritto, interessati alla vita politica in provincia di Caserta e nell’Alto Casertano; gli articoli che pubblicava recavano la sua sigla “Mdov”.   Le sue cronache hanno sicuramente conferito visibilità al nostro paese un po’ defilato. Nel commentare la sua tragica fine Gianluigi Guarino, scriveva di lui “eravamo fieri di essere “gente di paese” in rapporto a questa arena di livori, colpi bassi e slealtà con cui eravamo costretti a misurarci ogni giorno. Ci piaceva un mondo sentirci contadini, gente abituata a confrontarsi lealmente, guardando negli occhi il proprio interlocutore”
Sembra che in quella drammatica sera d’inverno, a Mimmo toccò di leggere questo passo biblico: “Fatevi trovare pronti, quando il signore vi chiamerà, perché non ci sarà alcun preavviso. Ed allora le vostre opere saranno valutate tutte, sia nel bene che nel male!”. Mimmo incredibilmente si commosse, ma poi riavutosi continuò a mangiare il soffritto di maiale preparato per l’occasione, ed ebbe ad esclamare “Non mangiavo del soffritto così buono da quando la buon’anima di Mamma mia me lo cucinava!” A mezzanotte e mezza Mimmo lasciò il locale e rifornì l’auto di carburante, subito dopo partì per il suo più lungo e intenso dei viaggi!